Appena pubblicato il saggio di Elisabetta Francioni, “Luciano Bianciardi bibliotecario a Grosseto (1949-1954)”, con presentazione di Alberto Petrucciani e postfazione di Arnaldo Bruni (Associazione italiana biblioteche, 2016).
Un’opera importante, che mancava nella bibliografia bianciardiana, del “periodo piu’ bello della mia vita”, come disse lo stesso Bianciardi, opera realizzata con cura e passione da una valente esperta del settore, oggi alla bibliotecaria alla Nazionale Centrale di Firenze.
“La biblioteca civica era stata, negli anni fino alla guerra, una tipica piccola biblioteca di provincia.
Frequentata da pochi specialisti di erudizione locale, gelosa e chiusa di fronte al gran pubblico: imperava insomma la conservatrice mentalità tradizionale, che purtroppo ancor oggi resiste in alcune biblioteche italiane. Bisognava invece adoperarsi in ogni modo per fare della biblioteca un centro attivo di diffusione culturale e di educazione alla lettura […].
Ma questo non era ancora sufficiente: una parte assai larga dei 37940 cittadini del comune rimaneva ancora estranea alla vita della biblioteca, specialmente nei ceti operai, artigiani e contadini.
Questi potenziali lettori andavano cercati, avvicinati, educati […] con letture, presentazioni, recensioni.
Ma non è tutto: restano i piccoli agglomerati rurali, le fattorie, le case coloniche.
Ebbene, anche queste verranno raggiunte con un mezzo radicalmente nuovo, il bibliobus”. (Luciano Bianciardi)